venerdì


COMMEMORAZIONE DI GINO LORENZI
CIMITERO DI BERGAMO



Commemorazione  dei tre Ufficiali Martiri 
crocefissi dai partigiani
Cap. G.N.R. MARIO CORTICELLI
crocifisso su un tavolo d’osteria a Stellaneto (Sv.)
S.Ten. G.N.R. WALTER TAVONI 
crocifisso sulla porta di un cascinale il 9/4/1945
S.Ten. GINO LORENZI  
crocifisso su una rudimentale croce a Mignagola (Tv)

Al Cimitero di  Bergamo presso il Campo dei Caduti della Repubblica Sociale Italiana sono stati commemorati i tre militi della G.N.R.  assassinati per mano dei partigiani, tutti e tre crocefissi  per non voler rinnegare la propria fede e di Maria Pasquinelli. Alla cerimonia ha partecipato circa un centinaio di persone,  ex combattenti e ausiliarie  della R.S.I. e molti giovani. Raduno fuori dal cimitero per poi raggiungere il campo dove sono sepolti i caduti della R.S.I di Bergamo.
Don Floriano Abrahamowicz ha celebrato una Santa Messa.
I partecipanti  in corteo si sono poi spostati presso la tomba del Tenente Gino Lorenzi  e di Maria Pasquimelli per il presente e posare una corona di fiori 








Gino Lorenzi, uno dei tanti giovani martiri, uno delle tante vittime sacrificali sull'altare della Patria sconfitta. La colpa imperdonabile, quella di aver combattuto fino all'ultimo giorno una guerra persa. Il sacrificio di Gino e dei suoi tanti camerati doveva servire a festeggiare la vittoria delle fazioni in una Italia democratica e liberata ma inesorabilmente sconfitta e punita impietosamente dal tracotante e superbo nemico. Ecco la breve descrizione dei fatti: a
 guerra finita il S. Tenente Gino Lorenzi aveva deposto le armi nella cittadina di Oderzo e, con alcuni camerati, si era incamminato verso casa a Bergamo. Giunto a Ponte di Piave, il gruppo fu catturato da una banda di partigiani comunisti e rinchiuso nelle carceri di Breda di Piave. Di qui, nella notte fra il 3 ed il 4 maggio, i prigionieri vennero portati alla Cartiera Burgo di Mignagola ove, dopo aver subito durissime percosse e sevizie inaudite, furono fucilati. Tutti ma non Gino Lorenzi. Ostentava infatti una medaglia religiosa al collo ed alla richiesta di rinnegare la Sua Fede oppose netto rifiuto. Fu approntata una rozza croce legando due tronchi d'albero e i gloriosi "patrioti" Gli dissero che, se non avesse rinnegato la Sua Fede, quella sarebbe stata la Sua fine. Il giovane Ufficiale del Battaglione "M" d'Assalto "Romagna" non tremò né implorò salvezza:
"La Croce che Gesù Cristo ha portato non può far paura ad un Cristiano" si limitò a pronunciare prima che lo inchiodassero.

Così morì Gino Lorenzi, chiamato da Dio e dal Destino a divenire un simbolo di suprema dedizione, di insuperato ineffabile sacrificio per la Fede e per la Patria.


IN RICORDO DEL SOTTOTENENTE LUIGI LORENZI (1925-1945)
Luigi Lorenzi detto Gino, nasce a Bergamo il 14 Gennaio del 1925 da Paola e Rino. Figlio del suo tempo, vive pienamente la temperie culturale del Ventennio, incardinata sui principi di Dio, Patria, Famiglia. In pieno ossequio alle magnifiche e progressive sorti di allora, studia e fa sport nello spirito dell’incipiente filosofia fascista. Il 10 Giugno 1940 l’Italia è costretta a entrare in guerra accanto all’alleato germanico. Nel ‘44, non ancora ventenne, Gino accoglie entusiasticamente la chiamata della Patria. E’ ammesso al corso per ufficiali GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), Arma delle FF.AA. della RSI (Repubblica Sociale Italiana), concepita per il controllo del territorio e formata da Carabinieri, Militi, Polizia A.I.. Frequenta la Scuola di Varese, comandata dal T. Col. Enrico Bassani, assegnato alla III compagnia, II plotone, III squadra. Di quel periodo di formazione, resta la vivida impronta nelle parole di Valerio Longa, un suo compagno d’armi: “E’ un allievo esemplare, camerata e amico puntuale, riservato, misurato, coraggioso”. In breve tempo, Lorenzi guadagna la nomina a sottotenente, per essere poi assegnato al Comando Provinciale di Treviso. Attorno a lui, incalza la geometrica spirale della guerra: la velocità degli eventi è tale che il tempo reale corrisponde a secoli. La relatività di Einstein trova sul campo pieno collaudo. I destini della battaglia arridono alla compagnie anglo-americane che invade la Nazione, i russi
sfondano in Germania e per l’Asse volge al peggio. Ma i traditori italioti, comprati a sigarette, propaganda e caramelle, festeggiano la propria fine. Il 28 Aprile 1945, a Oderzo (Tv) alla presenza del parroco Abate Domenico Visentin”gli ultimi della generazione che non si è arresa” concordano di cessare il fuoco e la deposizione delle armi con il CLN che dà il relativo lasciapassare per il ritorno a casa. E’ necessario evitare ulteriori spargimento di sangue fratricida, ma di ciò ne approfittano gli sciacalli. Accade nel Maggio del ’45, quando la guerra è finita. Il S. Ten. Lorenzi è in pacifico cammino per Bergamo in compagnia dei suoi uomini disarmati, ma nei pressi del Ponte di Piave (Tv), una pattuglia di partigiani della Garibaldi, comandata dal famigerato “Falco” (alias Gino Semionato), li cattura e li rinchiude nelle carceri di Breda di Piave, naturalmente in vigliacca violazione dell’accordo. I partigiani, dopo aver ucciso i proprietari, si acquartierano a villa Dal Vesco (il cosiddetto avamposto dell’inferno). Qui, pseudo accusatori, giudici e carnefici, applicano l’arbitraria “legge della montagna” formata da 18 articoli, che prevedeva nella maggioranza dei casi la condanna a morte. Facile intuire come i militari capeggiati da Gino subiscano un processo sommario e conseguentemente siano condannati a morte. Emessa la sentenza, i prigionieri vengono condotti al campo di tortura e di sterminio di Mignagola, frazione del Comune di Carbonera (Tv) , nella cartiera Burgo acconciata alla bisogna, dove troveranno la morte tra inaudite sofferenze centinaia di vittime fra cui Gaetano Colotti, V. Commissario di Polizia, 28enne nativo di Castelbuono (Pa) e la sua fidanzata Pierina Martorelli in avanzato stato interessante. Finiscono tutti fucilati a eccezione di Gino, colpevole di aver combattuto fino all’ultimo per l’onore d’Italia. “A nessuno viene concesso il conforto sacerdotale” –aggiunge Ruggero Bonussi- che del giovane Lorenzi ricorda che era “in divisa di S. Ten., aveva i baffetti neri e parlava in dialetto lombardo”. Il giovane porta al collo un’immaginetta sacra che reca un’effige religiosa. E i carnefici, in vena di buon umore, gli propongono l’abiura in alternativa alla crocifissione. Ma è proprio in quel frangente che si manifesta la diversa tempra del nostro Eroe. Un ufficiale gel reparto d’assalto “Romagna” come lui, non teme la morte. Cristiano, con la luce della fede negli occhio chiari –affermano testimoni oculari- ieraticamente esclama “Muoio come Nostro Signore nella croce. La croce che Gesù Cristo ha portato non può far paura a un cristiano”. Ciò detta allaga le sue
braccia offrendosi al sacrificio. E così, dopo essere stato orrendamente infisso con grossi chiodi alle mani e alle caviglie a una rozza croce formata con due rami, viene frustato e poi abbandonato tra atroci sofferenze fino a essere divorato dalle volpi. Gino 20 anni, muore. E’ il 4 Maggio 1945. Recita il Canone Romano (Preghiera Eucaristica): “Salve o croce beata, che ricongiungi la terra al cielo e riconcili l’uomo al suo Salvatore” e prosegue nel Memento per i morti: “Ricordati Signore dei tuoi fratelli che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace”. Il potere redentore della croce, baluardo di salvezza, ha dunque beatificato il nostro Gino. La sua crocifissione non fu però un singolo spettacolo, ma solo di una lunga serie di repliche. Le scene della via crucis rividero inchiodati a rozze assi molti altri “perdenti” fra cui il Cap. GNR Mario Corticelli e il S. Ten. Walter Tavoni. Intanto ignara della sorte del figlio, Rina Lorenzi riceve dopo tante e vane insistenze la comunicazione del sindaco Giuseppe Foresto “Walter” , che però garantisce che “Gino era stato liberato”. (cfr. prot. 2041/6/5/45 del Comune di Breda di Piave). nulla di strano in cotanta menzogna, visto che detto signore era stato uno dei giudici del cosiddetto tribunale che aveva (sic!) condannato a morte Lorenzi e i suoi uomini. La nomina a sindaco, era per Foresto la degna ricompensa di tana saviezza. Ma nel dopoguerra i resti riportanti i segni delle violenze subite dal giovane Ufficiale vengono riesumati. E oggi Gino Lorenzi riposa il sonno degli Eroi e dei Martiri nel cimitero di Bergamo, nel Campo della Memoria. Laggiù è ricordato dagli uomini dabbene con un gesto d’amore e di gratitudine e vorremmo fosse indicato in avvenire dalla Nazione come caduto per la Patria e per a Fede in nome della quale ha sacrificato la propria esistenza. Nel 1998, Valerio Longa, compagno d’armi di Gino, lancia l’appello per la beatificazione. Fino a qualche anno fa, la cerimonia del ricordo dei caduti della RSI della zona si svolgeva a Bienno (Bs) presso il santuario di Cristo Re dove, nel vituperato ventennio era stata eretta una grande statua di Cristo per ricordare la fine della I^ guerra mondiale e poi i Patti Lateranensi. In tempi recenti, l’illustre storico Giuliano Fiorani lo ricorda, assieme alla sorella e al nipote, con il Comitato Onoranze Caduti RSI al cimitero di Bergamo. E’ auspicabile che venga intestata al giovane S. Ten. una via a Bergamo affinchè la nobile vicenda di Gino Lorenzi sia ricordata con rispetto e amore (n.d.a.: detta richiesta è stata avanzata dallo scrivente, in occasione del 150esimo per l’agognata unità e pacificazione nazionale, al sindaco di Bergamo – città dei Mille - ma alla data odierna senza successo). Dal paese questo eroico Soldato dell’Onore non ha, a oggi, nessun riconoscimento, anzi è stato dimenticato e il suo sacrificio non è posto a esempio ai giovani; addirittura qualcuno dice che il S. Ten. Lorenzi sia stato punito per aver preso parte a una esecuzione di ribelli catturati a seguito dell’avvenuto assassinio di un milite in una imboscata a Gairone (Tv) . Eventualità che in termine militare si identifica nella “rappresaglia”, operazione consentita dalle convenzioni di guerra del tempo nel caso di assassini di regolari combattenti in divisa (cfr. sentenza 747/1954 T.S.M.). In ogni caso, il militare Lorenzi si sarebbe trovato a eseguire ordini in guerra. Non così per il suo martirio, avuto luogo a guerra finita. Gino Lorenzi ha affrontato un ingiusto processo e una iniqua condanna, la tortura, l’umiliazione, la solitudine, la morte. Ma la croce l’ha condotto alla Vita. Il suo carnefice “Falco 2 e i suoi accoliti, impuniti nel dopoguerra per decine di omicidi volontari, sono stati assolti da un tribunale della repubblica nata dalla resistenza, con se4ntenza del 24/06/1954, perché i reati loro rubricati erano estinti per effetto dell’amnistia (Togliatti), anzi, gli epuratori sono stati anche decorati e pensionati. sforziamoci di capire pertanto che la guerra è finita, chi ha vinto ha vinto nonostante tutto, smettendola di annientarci. Costruiamo il presente e il futuro di questa nostra Benedetta Santa Patria, l’Italia. Uniamoci idealmente e gridiamo S. Ten. Gino Lorenzi. Presente!
di Paolo Francesco Lo Dico
da RINASCITA